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Trento, 14 gennaio 2013
UNIVERSITÀ, 50 ANNI DI STORIA DA SCOPRIRE
di Marco Boato
dal Trentino di lunedì 14 gennaio 2013

Mentre siamo ormai nell’imminenza (nel prossimo febbraio) dell’elezione del nuovo rettore dell’Università di Trento, dopo l’approvazione del nuovo Statuto in seguito alla nuova norma di attuazione, nei mesi scorsi si è celebrato il cinquantesimo anniversario della fondazione della stessa Università, nel 1962, a partire dalla Facoltà di Sociologia (in origine, Istituto superiore di Scienze sociali).

Per molti anni la storia della Facoltà di Sociologia di Trento - la prima in assoluto istituita in Italia - non è mai stata affrontata in modo organico. Soprattutto per una sorta di “tabù” che ha riguardato per decenni l’equazione - del tutto infondata ma dura a morire - tra Sociologia e la nascita delle “Brigate rosse” (che in realtà sono nate all’inizio degli anni ’70 a Milano, anche ad opera di Renato Curcio, il quale fino al 1969 era stato studente a Trento: di qui l’equivoco, diventato una sorta di “leggenda metropolitana”).

Sugli anni ’60 e ’70 a Trento e in Trentino, in relazione al movimento del ’68, a ciò che l’ha preceduto e seguito per quanto riguarda il movimento studentesco e il movimento operaio, esiste già da qualche anno un imponente lavoro di documentazione fotografica, accompagnato da alcuni saggi e interviste e da una puntuale cronologia (anche degli avvenimenti culturali, oltre che sociali e politici): “Intorno al Sessantotto. I movimenti collettivi prima e dopo il ’68. Trento tra storia e cronaca”, a cura di Sergio Bernardi e Giancarlo Salmini, con una presentazione dello storico Giorgio Galli (UCT, Trento, 2007).

In previsione del cinquantenario della nascita di Sociologia (1962-2012), da alcuni anni invece un gruppo di valenti storici e archivisti della Facoltà di Lettere di Trento (ma di origine toscana) si sono dedicati finalmente ad un’opera sistematica di ricerca, lavorando sulle fonti scritte e documentarie, ma anche sulle testimonianze orali. In precedenza, tuttavia, era stato pubblicato un lavoro propedeutico di ricerca ad opera di un giovane studioso trentino, Giovanni Agostini, frutto della sua tesi di laurea e del suo rapporto con lo storico Paolo Pombeni, “Sociologia a Trento” (Il Mulino, Bologna, 2008), con il significativo sottotitolo: “1961-1967: una ‘scienza nuova’ per modernizzare l’arretratezza italiana”. E ancora qualche anno prima, un altro giovane, in questo caso giornalista del “Trentino” (e oggi de “la Repubblica”), Concetto Vecchio, aveva dedicato un intero volume alle vicende del Movimento studentesco di Sociologia, in rapporto con la storia della Facoltà e con la situazione politica trentina e nazionale: “Vietato obbedire” (BUR, Milano, 2005). Questo era il significativo sommario riportato in copertina: “Prima della lotta armata: come è nata e finita una stagione di libertà in Italia.

Il momento storico irripetibile della facoltà di Sociologia a Trento nel racconto dei suoi protagonisti”. Non si era trattato, ovviamente, in questo caso di un’opera rigorosa di ricerca storiografica, ma di una efficace ricostruzione giornalistica, con un lavoro “d’inchiesta” tra i testimoni ancora viventi (molti purtroppo sono morti, anche per mano violenta, come Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia a Trapani nel 1988). In occasione del quarantennale della nascita di Sociologia, la stessa Università aveva promosso la pubblicazione (a cura di Fabrizio Cambi, Diego Quaglioni ed Enzo Rutigliano) di un grande e prestigioso volume, “L’Università a Trento. 1962-2002”, nel quale erano stati raccolti numerosi saggi e testimonianze non solo su Sociologia, ma anche su alcune delle altre facoltà sorte successivamente (in particolare Giurisprudenza, Scienze e Ingegneria), oltre ad una ragionata e documentata selezione fotografica a cura di Giampiero Gatta (Università degli studi di Trento, 2004).

È stato tuttavia merito del lungo e meticoloso lavoro di ricerca storiografica e archivistica di Andrea Giorgi e Leonardo Mineo (in collaborazione con un altro storico, Luigi Blanco, docente a Sociologia) se, proprio alla immediata vigilia del cinquantenario, ha potuto essere pubblicato il corposo volume collettaneo (a cui hanno contribuito numerosi altri autori) “Costruire un’Università” (Il Mulino, Bologna, 2011), con il sottotitolo: “Le fonti documentarie per la storia dell’Università degli studi di Trento (1962-1972)”. Anche nel corso del 2012 questo lavoro di ricerca è continuato, accompagnato da un’ampia campagna di raccolta di testimonianze orali (registrate e filmate), che costituiranno per il futuro una significativa documentazione di “storia orale” a complemento della storia scritta e della documentazione archivistica, rivisitata per la prima volta in modo sistematico attraverso tutte le fonti, pubbliche e private, disponibili.

Una ricerca culminata in un Convegno durato tre giorni (dal 12 al 14 dicembre 2012), nel quale le vicende di Sociologia e dell’Università di Trento sono state collocate in un quadro storico e geografico di dimensione nazionale, sotto il titolo: “La geografia universitaria nell’Italia repubblicana: nuove università e nuove facoltà”. In quella stessa occasione è stato anche proiettato un documentario, “L’Università a Trento. Non fu per caso”, prodotto in collaborazione con il Museo Storico, con una sintesi delle interviste filmate fatte ad alcuni dei testimoni degli anni ’60 e ’70 ancora viventi.

Purtroppo il principale protagonista di questa storia, Bruno Kessler, è morto prematuramente oltre vent’anni fa, nel 1991. Ma è a lui che si deve, ancora giovanissimo (nel 1960, divenuto presidente della Provincia autonoma, aveva appena 36 anni, essendo nato nel 1924) l’intuizione di istituire a Trento una Facoltà di Sociologia, abbandonando giustamente il progetto coltivato dai suoi predecessori – prima Remo Albertini e poi Riccardo Rosa – di realizzare invece un “Biennio di Scienze forestali” dipendente direttamente dall’Università cattolica (il che gli costò l’ira e il disappunto dell’allora rettore milanese Francesco Vito, ma anche la sapiente “neutralità” del vescovo Gargitter, che allora reggeva la diocesi di Trento prima dell’arrivo del nuovo vescovo Gottardi). Bruno Kessler, negli anni del primo centro-sinistra di Amintore Fanfani e poi di Aldo Moro, seppe vedere lontano e fece una scelta difficile e coraggiosa, sfidando sia l’allora forte arretratezza socio-economica e culturale del Trentino, sia il pregiudizio idealistico-crociano che ancora prevaleva nell’accademia italiana contro le scienze sociali in genere e la sociologia in particolare (“pseudo-scienza” alimentata da “pseudo-concetti”, era l’anatema filosofico di Benedetto Croce che ancora all’epoca incombeva). Il Movimento studentesco di Sociologia negli anni ’60 ebbe un ruolo fondamentale sia nel contribuire al riconoscimento legislativo (nel 1966) del corso di laurea, sia nel far modificare la struttura del potere accademico e l’impostazione originaria del piano di studi.

L’esperienza dell’”Università critica” del 1968-69 - accettata dal Comitato ordinatore composto da Marcello Boldrini, Norberto Bobbio e Nino Andreatta e condotta in collaborazione con gli studenti dal nuovo direttore Francesco Alberoni – rimarrà un “unicum” originale e irripetibile nella storia dell’Università trentina e italiana. Un lungo cammino, quello dell’Università di Trento, scandito dai decenni: 1962, nascita dell’Istituto superiore di Scienze sociali (Sociologia); 1972, nascita della Libera Università degli studi con nuove facoltà; 1982, statizzazione dell’Università, con un peculiare Statuto e con l’istituzione di altre facoltà (tutte ora scomparse e diventate Dipartimenti). Un cammino difficile, lungo e fecondo, nel corso del quale il Trentino è profondamente cambiato anche grazie alla sua Università, che, con mezzo secolo di vita, ora è entrata nella storia.

Marco Boato

 

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